Lo psicologo è il professionista che può capire il disagio che una persona vive, fornire spiegazioni sul perchè sta vivendo una situazione di malessere e tranquillizzarla su ciò che sta attraversando.
Purtroppo, capita spesso che una persona (o un suo familiare o una persona vicina) si rivolga ad uno psicologo solo quando i sintomi di un qualche disagio (ansia, panico, depressione o altri) sono diventati ingestibili e la vita della persona è compromessa in vari ambiti.
Ad esempio:
Quando manca la serenità, quando ci si accorge di avere reazioni inadeguate che portano sofferenza a sé stessi e/o agli altri;
Quando si ha la sensazione, o il timore, di non comprendere più il proprio vissuto, di perdere la bussola e il timone di se stessi e della propria vita;
Quando si avvertono dei blocchi che ostacolano la propria capacità di scegliere, decidere, agire;
Quando ci si trova in situazioni come: stallo – disagio – ansia - stress ingestibile - pensieri e impulsi fissi, intrusivi, inappropriati o irragionevoli - difficoltà comunicative, relazionali, sessuali - auto-svalutazione – autolesionismo - non accettazione di sé – depressione – disperazione - fasi critiche della vita - crisi d’identità - problemi esistenziali - euforia artificiale – dipendenze - perdita dell’autocontrollo - difficoltà nell’approccio con la realtà etc...
Psicologia della genitorialità, della gravidanza e della nascita
Depressione post-partum
Costituisce un episodio depressivo maggiore caratterizzato da sintomi clinicamente rilevabili quali: irritabilità, anedonia, anergia, abulia, disturbi del sonno, ansia, affaticamento e ridotta auto-stima. A questo si associano sintomi di ridotto funzionamento cognitivo quali deficit dell'attenzione, della concentrazione e delle capacità intellettive.
Sono colpite dal 6,8% al 16,5% delle madri adulte e fino al 26% delle madri adolescenti (Gotlieb et al, 1989).
La letteratura scientifica è omogenea nell'identificare delle cause neuro-endocrine e biologiche nell'eziopatogenesi dei disturbi. La gravidanza e il parto rappresentano uno sconvolgimento dal punto di vista ormonale per la donna, funzionali al naturale accrescimento del feto ma che nei soggetti identificati come "vulnerabili" possono avere conseguenze sul sistema nervoso centrale.
A questo proposito, è opportuno soffermarsi su quei fattori cosiddetti di rischio, che aiutano a spiegare il concetto di vulnerabilità inter-soggettiva, cioè perché alcune donne sviluppano disturbi depressivi post-partum e altre no.
Fattori di rischio
Esistono fattori demografici e socio-economici: l'età della madre, giovane o anziana, un basso stato socio-economico e un basso livello culturale.
Tra i fattori psicologici e psichiatrici vediamo la familiarità per depressione e ansia e l'aver esperito sintomi di depressione e ansia durante la gravidanza.
Poi esistono fattori personologici: il nevroticismo, l'introversione, il perfezionismo, stili cognitivi disfunzionali, un'alta sensibilità inter-personale e una bassa auto-stima.
Anche eventi di vita stressanti possono essere dei fattori di rischio precipitanti. Esistono studi che hanno dimostrato che due o più eventi stressanti insorti nell'anno precedente al parto sono predittivi di depressione all'inizio del concepimento e dopo il parto.
Anche bassi livelli di supporto sociale sia nel periodo anteriore al parto che in quello appena successivo sono considerati fattori di rischio. Di particolare rilevanza è l'aiuto derivato dal partner, così come la disponibilità di figure a cui riferirsi durante la gravidanza, e la relazione con la famiglia di origine.
Infine, fattori ostetrici e biologici sono da citare come fattori contribuenti: aborti, parti pre-maturi, e vari correlati ormonali e bio-fisici (Milgrom et al, 2008).
Risulta chiaro come il periodo che ha preceduto il concepimento, per quelle donne con problemi di fertilità che si sono sottoposte alla fecondazione assistita, può senza dubbio rappresentare un fattore di rischio per l'insorgenza della depressione post-partum